Corpi a Rischio

In their seats, audience members watch dancers risk “the pain of self-exposure” as they confront the psychological inhibitions that the choreography demands they address.

Pina Bausch, Kontakthof, 1978

Il rischio generalmente è interpretato come un’azione che ci porta a una perdita o a un evento indesiderabile. Alcune azioni hanno una percentuale di rischio maggiore, tuttavia ogni scelta o comportamento umano possono essere rischiosi. Il rischio non ha solo un’accezione negativa, nella danza, per esempio, è la condizione essenziale per creare dinamica, significazione e qualità di movimento.

La cornice narrativa del laboratorio/atelier on line è formata da alcune figure fondamentali di questo momento – opaco e inquietante – che stiamo attraversando: incertezza, paura, rischio, fiducia, limite/confine, contatto/contagio, feeling/sincerità.

In Solitaria - Ph. Mattia Fornaciari

PROJECT

Oltre il lockdown, confine e sconfinamento di corpi

Dall’inizio della pandemia fino ad oggi, gli artisti del mondo, invece di chiudersi in se stessi in un atteggiamento catastrofico e nichilista, hanno creato e prodotto un numero enorme di opere innovative e stimolanti, soprattutto nelle arti del corpo. In questo modo, i corpi confinati dal pericolo di contagio si sono progressivamente aperti a nuove e inesplorate forme di comunicazione affettiva interpersonale e di scambio culturale. Il lavoro parte da questa premessa per continuare ad esplorare l’espressività e il potere del corpo.

Corpi individuali e corpi sociali

I nuovi media audiovisivi e virtuali ci offrono nuove e diverse alternative per esplorare il rapporto tra il significato del corpo individuale e di quello sociale. Attraverso la virtualità e l’interattività emergono altri elementi artistici capaci di mantenere o ampliare questa relazione fondamentale. Il laboratorio/atelier intende esplorare nuove modalità e processi interattivi on-line per un risultato finale inedito. La danza oltre la danza.

Mettere a rischio il corpo attraverso la danza e le arti del movimento

Il concetto e la figura del rischio è un elemento costitutivo delle culture e delle forme di vita quotidiana della globalizzazione. Mettersi a rischio è quasi una condizione preliminare che il nostro corpo deve assumere quando intraprende un’azione significante individuale o collettiva. Ma, allo stesso tempo, è stata una figura quasi permanente nelle culture e nei linguaggi della danza universale. Il corpo danzante mette sempre a rischio qualcosa, la sua stabilità, il suo territorio personale o addirittura la vita stessa. Il corpo danzante a volte gioca sapientemente su quel confine tra la vita e la morte, con il conosciuto e l’ignoto, tra sé e l’altro.

Creare spazi di contatto oltre la distanza fisica

Accorciare la distanza invece di istituirla è uno degli obiettivi profondi del laboratorio. Per questo abbiamo bisogno di prendere il rischio dell’interazione che il mezzo digitale può offrirci. Si tratta quindi di esplorare in profondità tutte le possibilità alternative alla presenza in una relazione alla pari.

La danza come adjustment reciproco e metafora della messa a rischio

La società e le istituzioni si basano sulla programmazione del processo della vita, il cui obiettivo è la massima riduzione del rischio. Questo aspetto è stato molto enfatizzato durante la pandemia. Tuttavia gli artisti spesso hanno deciso di non piegarsi completamente alla programmazione istituzionale, ma piuttosto di correre un rischio. Strategie di aggiustamento (adjustment). Gli artisti (pittori, registi, coreografi, scrittori) – pur nel rispetto delle norme di prevenzione – hanno assunto una posizione rischiosa all’interno del sistema. La metafora visiva di questo processo è la contact-improvisation, una pratica esemplare che offre un modello di vita piena, dove gli aggiustamenti sono sempre reciproci e portatori di cambiamento. Possiamo affermare che la danza è una delle arti orientata fondamentalmente all’esplorazione del corpo a rischio, dell’incertezza, del salto verso la vita.

Elasticità e plasticità dello spazio personale e del confine corporeo

Il concetto di spazio personale, basato sulle neuroscienze e sulla psicomotricità, è un campo di indagine molto rilevante nelle pratiche delle arti del corpo. Abbiamo bisogno di una rilettura e di una nuova valorizzazione estetica ed etica del concetto di spazio personale dalle origini della danza occidentale fino ad oggi. Come si verifica nelle pratiche delle danze antiche e premoderne, i limiti e i confini del corpo individuale comprendono, oltre alla dimensione personale e propriocettiva, anche il corpo assente o invisibile.

La danza come riconoscimento del proprio corpo e la contemplazione del mondo

Le tecniche e le pratiche di auto-osservazione e contemplazione del mondo sono oggi inestimabili. La danza deve tornare seriamente a questa dimensione enterocettiva, sensibile e quasi magica. In questo senso, il movimento del nostro corpo esige e include, nelle sue sfere di azione performativa, il pensiero che progetta, la forza che proietta, il gesto che segna una traccia unitamente agli oggetti e alle immagini della contemplazione.

Strategie interattive e creazione tra i corpi virtuali

Oltre alle figure riflessive di questo elenco, l’esplorazione e la manipolazione dei mezzi e degli strumenti di comunicazione digitale e virtuale saranno essenziali per il raggiungimento degli obiettivi proposti. Per esplorare le dinamiche di un corpo a rischio, dobbiamo allo stesso tempo mettere a rischio la sua capacità interattiva. Questo significherà indagare i limiti dell’interazione online tra i corpi danzanti.

Offerta formativa

L’offerta formativa prevede una forma di interazione tesa a valorizzare le competenze di ciascun partecipante, una modalità sperimentale che possa includere molto più intensamente il sapere dei nativi digitali per realizzare un prodotto comunicativo basato sul concetto di événement. Pertanto sarà importante l’esperienza online e il materiale audiovisivo registrato in diretta.

C’è un presente che non lascia spazio ad alcuna visione. Per contrastare questo a-venire che non viene – un tempo sospeso che fa della presenza a se stessi l’estrema esperienza del vuoto – Jean-Luc Nancy nel suo libro  Un trop humain virus dice che, come i bambini, dovremmo di nuovo imparare a respirare e a vivere. L’I can’t breathe di George Floyd ci collega alle presenze silenziose che si ammassano nelle terapie intensive e sembra ricordarci quanto prezioso sia quel respiro che manca.

Un termine usato nel dibattito sulle misure di prevenzione e contenimento del virus è quello di libertà. La pandemia ha rianimato il desiderio di libertà sia in chi non vuole accettare le restrizioni, sia in chi si fa ambasciatore di un liberismo personalizzato. Il non-sapere che regna sovrano riattiva un’urgenza di contatti attraverso le molteplici offerte della comunicazione. Questa condivisione acuisce ancor più la sensazione di essere orfani di una socialità che il virus ha irrimediabilmente spazzato via. Nonostante tutto affiora un’opportunità: ripensare insieme un’inedita coesione sociale.

Ambito metodologico

Il Laboratorio/Atelier è centrato sulle teorie e pratiche della danza create da Gillian Hobart e Claudio Gasparotto all’interno della prassi e delle sperimentazioni di Movimento Centrale Danza & Teatro. Allo stesso tempo, questo metodo didattico/artistico si collega a una riflessione sulle attuali ricerche – semiologiche e antropologiche – sulla danza e le arti del movimento;  particolarmente sulle figure del rischio nelle culture post-pandemiche.

Obiettivo del Laboratorio/Atelier è guidare i partecipanti alla creazione artistica.

Nella società tarda moderna l’assunzione di rischi non è più considerata deviante o negativa, ma è piuttosto un modo accettato, anche alla moda, di interrompere il flusso della vita quotidiana, o trascendere il mondano… In breve, è diventato un tentativo di coinvolgere ed esplorare una realtà alternativa.

Yuval Noah Harari

Docenti del Laboratorio/Atelier

Claudio Gasparotto • coreografo e formatore (guida e responsabile artistico del Laboratorio/Atelier)

Rocco Mangieri • architetto e semiologo (collaborazione metodologica)

Fabio Mina • flautista e compositore (musica originale)

Dorin Mihai • fotografo e videomaker

Mattia Fornaciari • graphic designer e visual art (creazione e  gestione sito, proposte artistiche)